Niente aumento dell’Iva nel 2018. E quindi, probabilmente, nessuno scambio tra rialzo dell’aliquota e taglio del cuneo fiscale. Davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha assicurato il pieno impegno del Governo a sterilizzare le clausole di salvaguardia per il prossimo anno, così come previsto nel Def, puntualizzando che lo scambio tra IVA e cuneo sul quale sembrava essersi favorevolmente sbilanciato nei giorni scorsi non rappresenta una sua preferenza, ma “una delle tante ipotesi” amplificata nel corso di un’intervista. In continuità con il governo Renzi, l’attuale esecutivo punta a ridurre ancora la pressione fiscale. Ma perché il taglio delle tasse, che tutti ora invocano sul lavoro, sia credibile e permanente, c’è bisogno di coperture altrettanto credibili e strutturali, ha insistito il titolare del Tesoro. Se passasse in pieno, come sembra emergere fino ad oggi, la linea Renzi, le risorse non potranno arrivare dal rialzo dell’IVA, ma bisognerà studiare qualche alternativa, su cui Padoan si dice disponibile ad un confronto. “Che cosa si farà quando si dovrà affrontare la rimozione delle clausole, non sono in grado di dirvelo. Non si è ancora parlato, almeno nel Governo, di quali misure” saranno adottate, ha ammesso. Proprio per questo, l’esecutivo è “aperto ad una discussione ampia ed approfondita sulle scelte che andranno finalizzate in sede di formazione della Legge di Bilancio”. Il ministro ha quindi confermato la sua linea di delicato equilibrio tra esigenze diverse (politiche quanto finanziarie): interrompere il consolidamento dei conti pubblici sarebbe “rovinoso”, ma allo stesso tempo il calo del deficit dovrà necessariamente essere graduale per non colpire a morte la ripresa incipiente. L’economia sta infatti dando segnali incoraggianti, per quanto non soddisfacenti, che non possono essere stroncati sul nascere. Una consapevolezza diffusa anche tra le massime istituzioni del Paese. Bankitalia è la prima ad esprimere qualche perplessità sul veto assoluto all’aumento dell’IVA previsto dalle salvaguardie. Lotta all’evasione fiscale e revisione strutturale della spesa, principali voci che compaiono del Def come alternative alle clausole, sono obiettivi pienamente condivisibili, sottolinea Via Nazionale. Ma non del tutto sicuri e forse non di portata tale da garantire i quasi 15 miliardi necessari. Per questo, secondo il Vicedirettore generale Luigi Signorini, “una riconsiderazione dell’ampio ventaglio delle aliquote IVA non dovrebbe a questo stadio essere esclusa”, così come una revisione delle tax expenditure. Allo stesso modo, anche lo scambio IVA-cuneo è sicuramente “una questione complessa, che merita però di essere discussa e approfondita”. Le clausole sono materia di incertezza anche per l’Ufficio parlamentare di bilancio che, considerando il peso della correzione per il prossimo anno (lo 0,9% del Pil, circa 15 miliardi), giudica “difficile” riuscire a sterilizzare in toto gli aumenti IVA previsti. “Tutto il quadro – nota il presidente Giuseppe Pisauro – sconta un’incertezza di base sulla dimensione dell’aggiustamento che sarà necessario”. Il peccato originale del Governo sta nel confidare troppo nella trattativa con l’UE e quindi nel “rinviare” alla possibilità che a livello europeo intervengano cambiamenti del patto di stabilità in senso più orientato alla crescita e allo sviluppo, tali da ridurre le correzioni richieste all’Italia per i prossimi anni. Non a caso anche la Corte dei Conti, convinta della necessità di una politica rigorosa, tale da assicurare gli obiettivi di taglio del deficit all’1,2% e di risanamento del debito, non sottovaluta la possibilità di un disattivazione “anche parziale” della clausola pur di centrare i target indicati nel Def.
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